mercoledì 22 luglio 2015

N O L A

NOLA

La città di Nola sorge nella parte orientale della fertile pianura campana, ai piedi di amene colline. Il territorio fu abitato dagli Ausoni e dagli Osci. Passò ben presto sotto l'influenza degli Etruschi e poi dei Sanniti. Nel 311 a.C. fece parte dello Stato Romano. Nel 14 d.C. vi morì l'imperatore Augusto che nel territorio della città possedeva una sontuosa villa, trasformata in tempio dopo la sua morte.

Nola - La casa comunale
Nola - Palazzo di Città

venerdì 12 giugno 2015

Convento di S. Angelo in Palco

Manifestazioni - Convento di S. Angelo




Porticato antistante la Chiesa.



Chiostro cinquecentesco.



Scorcio del refettorio tardogotico con ciclo pittorico settecentesco alle pareti e sulle volte



L'Ultima cena: affresco sulla parete di fondo del refettorio databile al 1503.

Chiesa e Convento di
S. Angelo


Edificato nel 1430 circa da Raimondo Orsini, conte di Nola, il Convento di S. Angelo in Palco si presenta oggi come un insieme di forme architettoniche differenti.
Danneggiato da fenomeni sismici del 1631, è stato più volte restaurato, ma ha mantenuto in gran parte le linee gotico-rinascimentali. Della chiesa barocca originaria, rivolta a Nord, restano pilastri ed archi in piperno (visibili) inseriti nelle strutture murarie di quella attuale, costruita nel 1600 e decorata con stucchi nel 1700.
A navata unica absidata, è preceduta da un ampio pronao quattrocentesco a cinque arcate e custodisce vicino all'ingresso le tombe del conte, della moglie Eleonora d'Aragona e di altri Orsini eseguite verso la metà del '400. All'interno si segnalano la pietra tombale del conte fondatore, l'altare maggiore e il retrostante coro ligneo che occupa l'area absidale.
Interessante è il chiostro cinquecentesco, ricostruito nel Seicento con molti avanzi appartenenti a quello antico, costituito da volte ed archi di piperno scolpito, poggianti su colonne leggermente rastremate, con basi di piperno e pozzo centrale rivestito da lastre marmoree. Sotto il portico sono visibili affreschi con scene tratte dalla Vita di S. Francesco.
Procedendo in senso orario, si incontrano: la sacrestia, affrescata e arredata con antichi mobili intagliati; un vano in cui è stato scoperto recentemente un grande arco ad ogiva; la cucina con un singolare camino del 1400.


Sul lato meridionale del chiostro si trova il bellissimo refettorio che è un ambiente rettangolare molto spazioso ed illuminato da tre grandi finestroni esposti a sud. La copertura presenta una struttura tardo gotica con volte a crociera tutte dipinte. Le volte e le vele sono riccamente affrescate con motivi vegetali, figure bizzarre, mascheroni, puttini, figure di Santi e di Profeti, di Evangelisti ed altro. Come pure sono affrescate le pareti laterali, con motivi che riguardano, invece, episodi biblici del Vecchio e Nuovo Testamento e di Santi francescani. Similmente vi sono affreschi sulle pareti di fondo, lato est e lato ovest. Ma gli affreschi più interessanti del refettorio, sia per le tonalità chiaroscurali che per la dolcezza delle linee del disegno delle figure, sono senza dubbio quelli che si trovano nel lunettone di fondo, lato occidentale. Su due registri mirabilmente conservati si possono ammirare l'"Ultima cena", la "Lavanda dei piedi" e la "Crocifissione", databili al 1503. Completa l'affresco la lunga fascia dipinta riproducente alcuni medaglioni di Santi francescani.
Infine, sul lato orientale del chiostro, un'edicola con S. Michele Arcangelo (1500). Detta edicola è costituita da un altare di marmi commessi, fatta erigere da Felice de turris e consacrata nel 1741 dal Vescovo Trojano Caracciolo del Sole. La pala è un grande affresco raffigurante "S. Michele", opera molto antica risalente al periodo della fondazione del convento.
Il convento è dotato anche di una biblioteca purtroppo depauperata dai furti perpretati nell'ultimo periodo bellico. Vi si trova una pregevole scaffalatura e un tavolo di lettura di legno intagliato, opera di maestri locali del XVIII secolo. In detti scaffali, una volta, si conservavano migliaia di volumi, tra cui preziosi incunaboli e manoscritti. Agli inizi del Novecento il canonico Raffaele Manganelli, autore dell'opera: "Le battaglie di Annibale a Nola", edita nel 1897, donò la sua ricca biblioteca a quella di S. Angelo in Palco. Ad onorare la memoria si conserva in detta biblioteca un suo ritratto su tela.

Gli Anfiteatri di Nola



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Anfiteatro laterizio: muro di cinta - fornice principale



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Zona degli scavi
Gli   Anfiteatri   di  Nola   antica
I°   sec.   a.C.

Da
Ciro Rubino-Storia di Nola - I.G.E.I. - Napoli


Alla fine del I sec d.C. Nola contava due Anfiteatri: il Laterizio ed il Marmoreo.
Il primo più antico, era costituito in mattoni, per ciò era chiamato "laterizio". Era situato ad occidente dell'attuale città verso la zona attualmente chiamata "Muraglia". Era destinato ai ludi gladiatori; a scene di caccia; al sacrificio dei cristiani durante le persecuzioni.
Ambrogio Leone così lo descrive: "Adunque dei due Anfiteatri suddetti, quello Laterizio conserva ancora il circuito e il muro esterno anche sopra le volte e gli archi più bassi: le parti superiori invece sono crollate e sembra che esso abbia avuto due file di archi; poichè il muro esterno non è solido e forte tanto da essere stato buono a sostenere anche una terza e più alta fila di archi. Onde l'Anfiteatro Laterizio sebbene abbia la stessa superficie e lo stesso circuito di quello Marmoreo, tuttavia era più basso di una fila di archi".
Nel mese d’ottobre del 1997 si è dato inizio allo scavo dell'anfiteatro di Nola con progetto finanziato in parte dalla CEE. Il monumento, noto dalla letteratura come "anfiteatro laterizio", è ubicato nella zona nord-occidentale della città, alle spalle della cosiddetta "Muraglia", in un luogo facilmente raggiungibile anche dalle città vicine.
Completamente sepolto, anche se la sua ubicazione era riconoscibile per l'emergenza dell'imboccatura di un vomitorio e d’alcuni brevi tratti di murature, l'anfiteatro è stato oggetto d’alcune brevi campagne di scavo tra il 1985 ed 1993, che portarono in luce tre dei corridoi d’accesso al monumento e alcuni elementi delle murature del circuito esterno, recanti ancora il rivestimento d’intonaco.
Ora le indagini hanno permesso di portare in luce poco meno di 1/4 dell'intera struttura dell'edificio. Del circuito esterno sono stati scavati due fornici completamente e altrettante parzialmente, mentre della cavea è stato indagato solo il primo setto a nord del corridoio principale. Le dimensioni dell'edificio sull'asse maggiore sono di circa m. 138 e su quello minore di m. 108.
L'anfiteatro, databile alla metà del I secolo a.C., subì almeno due ristrutturazioni: la prima nel corso del I secolo d.C., la seconda avvenne tra il II ed il III secolo d.C., forse a seguito di danni dovuti ad eventi sismici.
L’edificio nel corso del V secolo d.C., già usato per lo scarico di rifiuti e in completo abbandono, fu poi utilizzato come cava di materiali da costruzione; furono asportate quasi tutte le gradinate e gran parte della decorazione di marmo.
L'opera di spoliazione proseguì anche in età medievale, quando furono scavate numerose fosse per recuperare elementi dell'edificio.
La valorizzazione ed il recupero del monumento - uno dei pochi edifici romani ancora abbastanza integro di Nola - consentirà di fissare un altro punto di riferimento per un itinerario turistico-culturale della parte nord orientale della provincia di Napoli e contribuirà al recupero sociale e culturale di tale area.
L'Anfiteatro Marmoreo fu edificato alla fine del I sec. a.C. e sorgeva verso oriente nella zona oggi chiamata "Castelrotto" come ci conferma il Leone nel "De Nola". Più che anfiteatro possiamo ben dire che era un vero e proprio teatro. Di forma ovale contava tre ordini di arcate; aveva 45 gradini, costituiti da grossi blocchi di marmo e sorretti da archi e pilastri. Era così grande da poter contenere circa 30.000 spettatori. In esso si rappresentavano le famose "Fabulae Atellanae". Esso fu a poco a poco smantellato per opera degli Orsini che, con le grosse pietre ricavate dall'antico teatro, fecero ricoprire la facciata del loro palazzo (Reggia Orsini) e quella della chiesa del Gesù. Altri marmi si trovano nella base del campanile del Duomo ed altri ancora nella base del palazzo Covone.

Palazzo Orsini

La Reggia Orsini


Facciata esterna del Palazzo Orsini


Facciata esterna - particolare


Cortile interno



Stemma raffigurante l'arma inquartata di Niccolò Orsini e della consorte Gorizia Sabrano
Palazzo Orsini
( oggi sede del Tribunale )


(da: A. Napolitano. Monografia di Nola antica, 1994).

Si affaccia sulla Piazza Giordano Bruno, costruito da Orso Orsini, Conte di Nola. Sebbene variamente alterato e mutilato, sia all'interno che all'esterno, il palazzo Orsini di Nola conserva, meglio di tutti gli edifici napoletani contemporanei, la sua primitiva impronta.
L'elemento dominante, costituito da blocchi del teatro romano, attribuisce alla facciata un carattere peculiare, reso più evidente dalla netta prevalenza dei pieni sui vuoti. Qui l'impronta rinascimentale è riconoscibile nella fronte principale e specialmente nel marmoreo portale, mentre le membrature interne sono tutte di gusto tardo-gotico.
L'impianto planimetrico originario è tuttora presente, malgrado le numerose aggiunte. Il palazzo nella sua magnificenza fu voluto da Orso Orsini nel 1470. Successivamente nel 1560, Donna Maria Sanseverino, dei principi di Bisignano, che ne era venuta in possesso, ne fece dono alla Compagnia di Gesù.
Con l'espulsione dei Gesuiti nel 1767, il palazzo passò al Demanio di Ferdinando IV di Borbone. Più tardi fu adibito a caserma di cavalleria, da dove uscirono i tenenti Morelli e Silvati, il 2 luglio 1820 (Moti di Nola). Dopo la prima Guerra mondiale fu destinato a Distretto Militare, successivamente soppresso.

            Portale della scala d'onore con volta a crociera.

28 maggio 2004 - Nuovi scavi lungo la facciata della Reggia

Da circa dieci giorni si stanno eseguendo a cura della Soprintendenza ai Monumenti degli scavi lungo la facciata della Reggia Orsini per mettere alla luce una serie di marmi di epoca romana che circondano tutta la base dell'edificio.
Durante alcuni saggi di scavo si è scoperto che i blocchi di marmo che coprono l'intera facciata proseguono anche al disotto dell'attuale piano.
Dalle immagini si può notare che il precedente livello stradale era sottoposto di almeno 50/60 cm. come dimostra anche il ritrovamento di una vecchia pavimentazione e il basamento del portale dell'ingresso della stessa Reggia.
Al disotto di questo livello verso la destra della facciata si è rinvenuto su di un blocco squadrato, facente parte del basamento, una iscrizione che copre l'intero blocco.

si nota il livello di una pavimentazione precedenteil sito dello scavo: si notano i vari livelli
la freccia indica il blocco con l'"iscrizione" il blocco con l'iscrizione
scavo sulla sinistra del Portalela base dello stipite sinistro del portale portato alla luce

giovedì 11 giugno 2015

Corteo degli Orsini - 2001

NOLA
Corteo storico degli Orsini



" Ogni anno, nella prima decade di
giugno 150 figuranti in costume
per le vie della citta' "

Arme degli Orsini
Comune di Nola
Pro Loco Città di Nola
"FAG per Nola"
"Ass.Cult. Corteo degli Orsini"


Stemma della Città
Il corteo esce da Palazzo Orsini

"negli otto giorni, quando si fa la fiera e la festa di S. Paolino, è permesso a tutti di stare liberamente e impunemente in città. L'autorità di tutti i magistrati tace sospesa, come sono sospese tutte le gabelle ed allora, dai paesi vicini, vengono in città moltissimi commercianti con innumerevoli mercanzie, per vendere e comprare, senza pagare portolanie.
I Conti Orsini, che Dio li salvi, affidano le chiavi della città ad un magistrato competente e, per fargli onore, escono dalla loro reggia con lungo corteo"

Dal "De Nola Patria" di A. Leone


La nobiltà: il ballo nella piazza grande

I bambini di corte

Consegna delle chiavi della
città al "maestro del mercato"

Sulla scorta di Ambrogio Leone (storico nolano - 1459/1525) e dei cronisti a lui precedenti, la "FAG per Nola" ha ricostruito testi, modalità e costumi del Corteo storico con cui, nel Trecento, i Conti Orsini, aprivano i festeggiamenti in onore del patrono, Paolino di Bordeaux, ricevendo in città mercanti, artisti, visitatori da ogni parte del regno.
I costumi, in broccati, sete e damaschi sono stati realizzati dagli stilisti dell'Istituto d'Arte "Boccioni" di Napoli, dopo un paziente recupero di bozzetti originali che la Fag, con regolare scheda tecnica, espone in mostra stabile.
Le armi d'epoca (alabarde, spade, balestre), sono prodotte da botteghe artigiane umbre.
I figuranti appartengono a diverse categorie sociali: studenti, operai, professionisti, tutti mobilitati dallo stesso sostanziale interesse per la storia patria.

Nola: la 'Città Nuova' - Il dominio di Roma

NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

IL DOMINIO DI ROMA (III secolo a.C. - V secolo d.C.)
La sezione relativa alla dominazione romana occupa la parte finale dell'ex refettorio, la saletta successiva ed il porticato del cortile.
Sono documentate le varie fasi della romanizzazione, con reperti scultorei di notevole importanza: le due statue funerarie in calcare dalla necropoli della località Cangio, il rilievo da Scisciano pertinente ad un recinto funerario a forma di porta di città; al periodo augusteo sono da attribuire i sei pilastrini con rilievi dall'anfiteatro, una statua eroica ed una base posta dal collegio degli Augustali, mentre un'iscrizione che ricorda il restauro del tempio dedicato al Genio della Colonia risale all'imperatore Tito. Sono infine esposti una statua coricata del periodo traianeo, un'iscrizione di un edificio pubblico dedicato ad Adriano ed infine una testa femminile del periodo compreso tra gli Antonini e i Severi.

L'espansione di Roma
L'espansione di Roma in Campania, iniziata nel IV sec. a.C., proseguì negli anni successivi con grande vigore.
L'ingresso nell'orbita di Roma significò per tutte le aree della regione l'avvio di un processo che porterà in breve alla completa assimilazione e alla formazione di una cultura comune.
Divenuta, dopo la conquista, federata di Roma conservando la propria sovranità e la propria costituzione, Nola restò fedele all'alleanza anche durante la seconda guerra punica: un tentativo di defezione, organizzato dalla fazione popolare che parteggiava per Annibale, fu sventato nel 216 a.C. per l'intervento del pretore Marco Claudio Marcello che, chiamato dal Senato Nolano, composto da aristocratici filoromani, pose fine all'insurrezione facendo porre a morte i capi del partito popolare.
Annibale fu respinto e Nola diventò una delle basi dell'esercito romano.

La città nel Il secolo a.C.
Dopo le guerre puniche e l'espansione di Roma nel Mediterraneo, si crearono delle condizioni di pace che favorirono sviluppo e prosperità per le città dell'Italia e della Campania.
Furono, allora, introdotti metodi di coltivazione più razionali, mentre l'impiego di manodopera a basso costo, come gli schiavi, disponibili, dopo le guerre in grandissimo numero, permise di incrementare alcune produzioni agricole e artigianali.
Grazie al protettorato di Roma, ci fu la possibilità per gli imprenditori campani di inserirsi nei grandi circuiti commerciali e di accumulare enormi ricchezze: lo attesta la presenza di mercatores e negotatiores di città campane in Grecia, soprattutto a Delo, che era allora il maggior porto dove confluivano i commerci più importanti, e in Oriente.
I ceti dirigenti delle città italiche vennero cosi in contatto diretto con il mondo greco e orientale, e con la cultura ellenistica, di cui subirono il fascino; soprattutto i proprietari terrieri e i grandi commercianti fecero proprio il lusso del mondo ellenistico, che veniva orgogliosamente ostentato nelle loro città, nelle case e nei monumenti.
Anche Nola risentì gli effetti benefici di tale prosperità economica e assunse un nuovo assetto, venendo dotata di imponenti edifici pubblici e di lussuose abitazioni private.
Sul modello dei capitolia delle colonie romane, nell'area ove sorge attualmente il Duomo, si diede avvio alla realizzazione di una piazza dominata da un tempio dedicato a Giove: lo fa supporre un bellissimo frammento di pavimento a mosaico di tessere piccolissime (opus vermicuiatum), rappresentante un' aquila che stringe negli artigli una serpe, venuto in luce sotto la Cattedrale.
Secondo le aspirazioni dei ceti dirigenti a imitare il modo di vivere dei Greci e a partecipare alla loro cultura, la città fu dotata di un teatro, innalzato nella zona meridionale: dell'edificio restano però solo strutture relative a ristrutturazioni di età imperiale.
Infine nuovi quartieri sorsero nella zona nord-occidentale, caratterizzati da grandi abitazioni, come attestano le strutture in blocchi di tufo e i pavimenti in signino e mosaico, che costituiscono le fasi più antiche dei complessi abitativi di via Saccaccio e di via Polveriera.

L'arrivo dei coloni
La guerra sociale (ovvero condotta da Roma contro i socii, gli alleati che volevano ottenere la piena cittadinanza romana) che si concluse con la disfatta degli Italici, diede una brusca accelerazione al processo di romanizzazione: dopo alterne vicende belliche, che si intrecciarono anche con la guerra civile tra le fazioni mariana e sillana, ed un lungo assedio, anche Nola, che era rimasto l'ultimo avamposto della resistenza italica, nell'80 a.C. fu conquistata da Silla, che vi tradusse una colonia di suoi veterani.
Le tracce della riorganizzazione territoriale allora condotta, con le divisioni "centuriali" dei terreni che vennero distribuiti ai veterani, sono tuttora riconoscibili intorno a Nola, in quanto su di esse si sono impiantati alcuni centri dell'agro nolano come Cimitile, Camposano, Cicciano, Comiziano, ecc.
La deduzione di una colonia di veterani di Silla e la conseguente riorganizzazione territoriale che seguì alterò notevolmente l'articolazione sociale della città e certamente vi dovettero essere per un certo periodo tensioni tra i vecchi abitanti e i coloni.
L'allontanamento, almeno temporaneo, delle antiche famiglie locali dalla conduzione della cosa pubblica, la romanizzazione delle istituzioni amministrative, comportarono la rapida decadenza della cultura ellenizzante e la scomparsa dell'osco a favore del latino.
Furono allora realizzate opere e monumenti ritenuti essenziali all'immagine e al decoro della colonia e alle nuove funzioni.
Forse allora, si procedette a trasformare il tempio di Giove nel Capitohum della colonia, che fu decorato sul modello di quanto realizzato da Silla nel santuario di Palestrina, con fregi dorici dalle metope con raffigurazioni di armi, di animall fantastici, della lupa con i gemelli, ecc., alcune delle quali sono attualmente inserite nel campanile del Duomo e in Palazzo Covone.
Anche le mura della città furono restaurate o ricostruite in alcune parti: di tale intervento resta visibile un lungo tratto a Nord, la c.d. "Muraglia", realizzata in "opera quasi reticolata".
Ma un elemento del tutto nuovo che compare con l'arrivo dei coloni romani e legato alla loro ideologia gentilizia, fu la trasformazione delle aree di necropoli. Si assiste infatti in questo periodo alla monumentalizzazione delle strade extraurbane, con il sistematico impianto ai lati di esse di grandi e piccoli monumenti sepolcrali, delle più diverse tipologie, ornati di sculture e rilievi; uso che si protrae anche nei secoli successivi.
Il fine di questi monumenti, che erano collocati in punti, come le strade di accesso alla città, dove erano particolarmente visibili, era quello di celebrare il prestigio, i meriti, le ricchezze e, soprattutto, il rango politico e sociale dei defunti e delle loro famiglie.
Le statue che ornavano alcuni dei sepolcri, ne raffiguravano i proprietari, che vengono rappresentati con un accentuato realismo nei tratti somatici e con evidenziati i simboli della loro condizione sociale; che costituiscono gli ultimi attardati esempi di quel linguaggio italico, che ormai va scomparendo a Roma, ma che nelle regioni interne continua a trovare espressione sia tra i vecchi che tra i nuovi abitanti.

I luoghi del divertimento: l'anfiteatro
I giochi gladiatorii, in origine celebrati per rendere onore alla memoria di defunti durante i funerali, sembra che abbiano avuto la loro patria in Campania. Ivi la passione per tali spettacoli era fortissima, quasi al livello del tifo per il gioco del calcio di oggi, sia tra le popolazioni italiche sia tra i veterani delle colonie romane, che più di ogni altra cosa amavano questo tipo di giochi.
Sorse così il bisogno di creare edifici stabili per tali spettacoli, divenuti abituali rappresentazioni, offerte a spese pubbliche o da privati cittadini molto ricchi e desiderosi di onori, che si assumevano molte delle spese spettanti alle città.
Così anche Nola, come altre città, verso la metà del I secolo a.C. fu dotata di un anfiteatro. Come luogo di costruzione fu scelta una zona a ridosso della cinta muraria settentrionale, occupata da altre costruzioni, che furono espropriate e abbattute.
Venne così sfruttato il terrapieno interno delle mura per poggiare parte delle strutture, mentre l'ubicazione decentrata, in una zona della città poco urbanizzata, vicino ad una porta, facilitava l'afflusso ed il deflusso delle masse, tenuto conto che gli spettacoli richiamavano anche gli abitanti del contado e delle città vicine.
Gli scavi effettuati finora hanno messo in luce circa un quarto dell'intera struttura dell'edificio che, di forma ellittica, misura sull'asse maggiore 138 metri e su quello minore 108 metri, con una capienza di circa 20.000 spettatori.
All'esterno il prospetto dell'edificio era costituito da un muro continuo, decorato con pannelli di stucco che imitavano un rivestimento in lastre di marmo, e con aperture che costituivano gli ingressi ai corridoi che portavano ai vari livelli.
Il podio dell'arena presentava un rivestimento in lastre di marmo e si concludeva in cima con una balaustra.

L'età di Augusto
La fine delle guerre civili con la battaglia di Azio (31 a.C.) e l'avvento del nuovo regime augusteo significò per tutta l'Italia l'inizio di una fase di assestamento, stabilità e ripresa dello sviluppo.
Augusto avviò un vasto programma di rimessa in ordine e rinnovamento dello Stato e della società, i cui motivi conduttori furono la rinascita religiosa e morale, il ritorno alla virtur e alla dignità propria del popolo romano. La pace assicurata da Roma, la pietar verso gli dei, il trionfo sui barbari, l'esaltazione dell'imperatore furono i temi e gli ideali che costituirono, sia nella letteratura che nell'arte, il programma di politica culturale che accompagnò la presa del potere da parte di Augusto.
Artisti, architetti, poeti, artigiani diedero vita ad un nuovo linguaggio che si diffuse in tutto il mondo romano.
In Campania si dispiegò un vasto programma di opere pubbliche con la creazione o il potenziamento di infrastrutture come la rete stradale o la costruzione dell'acquedotto del Senno, che rappresentò una delle più grandiose opere di ingegneria realizzate per la sua portata e lunghezza (più di 100 chilometri), le cui diramazioni alimentavano le città di Nola, Atella, Acerra, Pompei, Napoli, fino all'area flegrea.
Un tratto del condotto è conservato a Palma Campania in località Tirone.
Certamente Augusto favorì con privilegi Nola, la città dove il padre Ottavio era morto e dove la sua famiglia era proprietaria di vasti possedimenti.
La colonia che dedusse per i veterani delle guerre del secondo triumvirato, la Colonia Felix Augusta Nola, non dovette sconvolgere granché gli equilibri esistenti e gli espropri effettuati per distribuire le terre ai soldati, dovettero essere largamente indennizzati ai proprietari.
E la città, come Roma, grazie alla munificenza del princeps e delle classi dirigenti municipali, che si fecero interpreti degli ideali e delle direttive del nuovo regime, si arricchì di nuovi edifici pubblici, mentre altri furono ristrutturati ed abbelliti.
E il caso del teatro, che forse, come sappiamo da una iscrizione perduta (CIL X 1264), fu restaurato ed abbellito con colonne di marmo dalla Res Publica Nolanorum. I grandi blocchi di calcare con cui venne rivestito l'edificio furono riutilizzati poi dal conte Orso Orsini nel XV secolo nella facciata del suo palazzo, la c.d. Regia, in piazza Giordano Bruno, e in altri edifici a Nola e Napoli, mentre una base di colonna di tipo attico con decorazione a treccia e altri frammenti recuperati da scavi recenti, ci danno un'idea dello splendore dell'edificio scenico in tale periodo.
Anche l'anfiteatro subì ristrutturazioni e fu arricchito da un ricco apparato decorativo, come indicano i sei pilastrini di calcare, recuperati dagli scavi, posti a reggere delle balaustre, decorati con motivi propri del periodo augusteo, come fregi d'armi, trofei con prigionieri e scene di amazzonomachia alludenti forse alle vittorie in Oriente e alla sottomissione dei barbari.
Come sappiamo dalle fonti Augusto morì a Nola, nella villa che fu del padre Ottavio, e che tale casa fu poi dal successore Tiberio consacrata e accanto vi fu innalzato un tempio in onore dell'imperatore divinizzato.
Considerato quindi, il rapporto diretto che si era creato tra il sovrano e la città, il culto reso ad Augusto dovette essere molto sentito e diffuso: lo attestano le iscrizioni poste dai collegi degli Augustales, sorti proprio per promuovere il culto imperiale. Le immagini dell'imperatore e della sua famiglia, diffuse in tutto l'impero, divennero modelli a cui rifarsi e a cui si tese ad intonare la produzione ritrattistica del tempo. L'età imperiale
Con Augusto Nola aveva acquistato quella fisionomia di piccolo centro di provincia, caratterizzato da alcuni edifici pubblici tipici delle città romane, che nei secoli successivi non avrebbe subito mutamenti sostanziali.
Due altre deduzioni coloniarie furono effettuate all'epoca degli imperatori Vespasiano e Nerva: la città fu dotata di nuovi edifici, come alcuni complessi termali, ritrovati sotto la chiesa di S. Biagio e nel cortile di palazzo Orsini.
Anche le case si arricchirono di lussuose pavimentazioni a mosaico come quelli di un'abitazione in via Circumvallazione, con motivi geometrici a poligoni, esagoni, ottagoni, allacciati tra loro, riecheggianti le partiture dei soffitti a stucco.
Nola dovette subire seri danni a causa dell'eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. distrusse Pompei ed Ercolano, come riportato da un'iscrizione posta su un tempietto, che testimonia l'infaticabile opera di ricostruzione intrapresa, dopo la catastrofe, dall'imperatore Tito, che nominò due funzionari appositi, i "curatores restituendae Campaniae".
Al periodo dell'imperatore Traiano è da attribuire il torso di una statua loricata, in cui i motivi decorativi della corazza sono ancora fortemente influenzati da elementi propri dell'età di Augusto e che dimostrano i forti legami stabilitisi tra la città e tale imperatore e quanto fossero radicati gli ideali di quel periodo.
Anche all'imperatore Adriano fu dedicato un imponente edificio, come si deduce dall'iscrizione posta su un'architrave (CIL X 1243), ritrovata in un'area vicina all'anfiteatro.
In una iscrizione, sempre del periodo adrianeo, databile tra il 124 ed il 132, reimpiegata poi nella tomba del Vescovo Paolino junior (+442) a Cimitile, si ricorda che la nobildonna nolana Varia Pansina, sorella di L. Vario Ambibulo, che fu poi console nel 132, dedicò un portico con statue e giardini a Venere Giovia e al Genio della Colonia, di cui doveva esistere un tempio a Nola.

Verso il Medioevo
Già dalla metà del Il secolo si era andato profilando l'inizio di una grande crisi dell'impero romano, le cui radici erano molto profonde.
Lo scardinamento morale e religioso, l'organizzazione sociale invecchiata, l'anarchia militare, l'accentramento dei beni nelle mani di pochi e la sparizione delle classi medie, ebbero come effetto il decremento demografico, la diminuzione della produttività economica e degli scambi commerciali, con conseguente decadimento e spopolamento delle città.
Tomba Già nel III secolo è rara la costruzione di nuovi edifici: solo con la dinastia dei Severi sembra esservi una ripresa a Nola, come testimoniano la trasformazione in abitazione privata del complesso di epoca precedente esistente sotto la chiesa di 5. Biagio, con pavimenti a mosaico da fontane a mosaico, ritrovate una nel 1961 nel palazzo Scala e l'altra di recente in via Polveriera. In quest'ultimo complesso è stata ritrovata anche una testa femminile, la cui acconciatura, staccabile del profilo del volto, ricalca quelle delle principesse della casa imperiale nell'epoca tra gli Antonini e i Severi.
Anche il busto del c.d. Clodio Albino, ritrovato nel 1894 in via Santorelli, sembra indicare un rapporto privilegiato che si era creato tra Nola e la casa imperiale.

Testa femminile. Dal complesso di Via Polveriera. III sec. d.C.

Tra il III ed il IV secolo gli interventi pubblici sono ormai minimi e fatti solo per tamponare situazioni di emergenza, come il restauro dell'acquedotto del Serino voluto da Costantino o il ripristino di alcune arterie stradali di rilevante importanza.
Un'iscrizione proveniente dagli scavi del Duomo di Napoli (dove potrebbe essere pervenuta da Nola, acquistata, insieme ad altro materiale di spoglio, dai Carafa), databile al periodo dopo Costantino, ricorda un personaggio, Flavio Lucrezio Pubuano, che aveva curato la realizzazione per il mercato di una bilancia e di pesi regolari, e che ci dà quindi notizia di vitalità della città ancora in quest'epoca.
Ma i segni di decadenza sono sempre più evidenti e i dati archeologici ci testimoniano che l'area abitata della città va progressivamente riducendosi con l'abbandono degli edifici.
Comincia anche l'epoca del grande spoglio e riutilizzo di materiali artistici, sculture, rilievi, epigrafi delle età precedenti: agli inizi del VI secolo tutto l'apparato decorativo dell'anfiteatro era stato staccato per essere riutilizzato probabilmente nelle basiliche di Cimitile.
Le distruzioni apportate dalle invasioni barbariche dei Visigoti di Alarico nel 410 e dei Vandali di Genserico nel 455 ed infine l'eruzione del Vesuvio "c.d. di Pollena" che agli inizi del VI secolo copri con uno spesso strato di lapilli, ceneri e fango tutta la piana nolana, non fecero che chiudere un processo ormai da tempo avviato a conclusione.
La fine della città non significò necessariamente la fine dell'insediamento: la nuova forza generatrice era rappresentata ormai dal Cristianesimo e da esso verrà l'impulso alle nuove espressioni artistiche.
S. Paolino, che fu vescovo di Nola dal 410 al 431, creò intorno alla tomba di S. Felice a Cimitile un grande santuario, costituito da varie basiliche, con un ricchissimo apparato decorativo che richiamava concetti teologici e raccontava ai fedeli, per lo più analfabeti, gli episodi delle Sacre Scritture. Grazie a Paolino, Cimitile diventò uno dei centri più importanti della Cristianità in Occidente, dove affluivano pellegrini, non solo dall'Italia e dall'Europa, ma anche dall'Asia e dall'Africa.
Dopo la catastrofe dell'eruzione, pian piano anche a Nola, l'area dell'antico Capitolium, trasformato in chiesa, diventò luogo di riaggregazione, intorno a cui si sviluppò la città medioevale.

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Nola: la 'Città Nuova' - La città dei cavalieri

Museo Storico-archeologico di Nola
NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

LA CITTÀ DEI CAVALIERI (IV secolo a.C.)
Il secolo IV a.C. è illustrato nel salone dell'ex refettorio attraverso l'esposizione in una vetrina di alcuni corredi tombali (Tomba XI Ronga e n. 14 e 70 di via S. Massimo), di una iscrizione osca da S. Paolo Belsito e di una tomba a cassa di tufo dipinta, rinvenuta nella località Masseria Sarnella a Casamarciano.
La sezione si chiude con le due gigantografie della tomba dipinta di località Crocefisso.

La lotta contro Roma
Nella seconda metà del IV secolo a.C. Nola è la capitale della resistenza contro l'espansione di Roma in Campania.
Motivo dello scontro è l'alleanza con Napoli, contesa in quanto importante base per il controllo del Mare Tirreno meridionale e sbocco al mare delle merci prodotte nell'entroterra campano.
Per avere la meglio Nola si allea con i peggiori nemici di Roma: la città greca di Taranto e la popolazione italica dei Sanniti. Nel 328 a.C. la coalizione convince i Napoletani a schierarsi contro Roma e invia in loro aiuto un potente esercito di Nolani e Sanniti.
Ma Napoli non si rivela un'alleata fidata: nel 326 a.C., sobillata dalla classe aristocratica, apre a tradimento le porte della città ai Romani che la cingevano d'assedio, costringendo l'esercito alleato alla fuga.
Per Roma è ormai aperta la strada verso la Campania meridionale e il Sannio. Nel 313/312 a.C. Nola stessa è assediata dall'esercito romano ed è costretta a capitolare dopo una difesa a cui partecipano anche gli abitanti della campagna.
La sconfitta non segna un periodo di declino dell'aristocrazia dominante: essa, al contrario, stabilisce con la classe dirigente romana un'alleanza basata sui comuni interessi economici e sulle stesse esigenze di conservazione dei privilegi sociali.

Le necropoli
Nel IV secolo a.C. continuano a essere occupate le necropoli precedenti, situate a nord e a nord-ovest della città. Le sepolture erano generalmente organizzate per nuclei, dati in concessione a gruppi familiari, che così mantenevano i legami parentali anche dopo la morte. Le tombe più prestigiose erano costruite in lastre di tufo che formavano una cassa, o, in casi più rari, una piccola camera funeraria. Altre volte il defunto era semplicemente adagiato in una fossa che poteva essere coperta da una serie di tegole e coppi, a imitazione dei tetti delle abitazioni dei vivi (tipo detto a cappuccina).
Tomba In questo periodo comincia ad essere occupata da sepolture anche la zona a nord-est della città, detta Masseria Sarnella, ai confini con il comune di Casamarciano. Qui è stato rinvenuto un gruppo di tombe a cassa con le pareti decorate da pitture, una delle quali è presentata al centro della sala. Poco più oltre, a via del Seminario, fu rinvenuta, isolata da tutte le altre, la tomba del cavaliere, la cui immagine in trionfo è riprodotto nella gigantografia.

Tomba dipinta con raffigurazione di un cavaliere. Dalla località Masseria Sarnella a Casamarciano, fine IV sec. a.C.

I ceti aristocratici venivano seppelliti con riti funebri complessi, in cerimonie pubbliche nelle quali si celebravano le imprese del defunto.
All'interno delle tombe erano disposti gli oggetti che, nelle intenzioni dei vivi, rappresentavano al meglio l'importanza del defunto e il suo ruolo nella società.
I guerrieri erano accompagnati dalle loro armi, tra cui non manca mai il cinturone di bronzo e la lancia. Attraverso l'esibizione di una serie di vasi per bere e per contenere vino, come il cratere, essi dimostravano di partecipare al simposio, una pratica sociale di origine greca che accomuna i ceti aristocratici e che consiste nel consumo del vino insieme ai propri pari.
Le donne mettono in evidenza l'attenzione per il loro aspetto, sfoggiando gioielli, strumenti per la cosmesi o contenitori di oggetti da toletta.

I cavalieri e le loro signore
La classe aristocratica esibiva il privilegio di ornare con pitture le proprie tombe. Le immagini dipinte sulle pareti miravano a celebrare la memoria del morto illustrando il suo rango.
Gli uomini sono rappresentati quindi come cavalieri e guerrieri, armati di tutto punto: sulla spalla recano la lancia che sostiene le spoglie del nemico vinto in battaglia.
Le donne sono raffigurate come il fulcro della famiglia e custodi dei beni della casa: sono impegnate nella filatura della lana, la più nobile delle loro attività, o sedute in trono nella posa che contraddistingue le dee.
Nola è, insieme a Capua, il centro più importante della pittura funeraria campana: qui si affermò una scuola di artigiani che lavoravano anche nella vicina Sarno e a Capua.

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Nola: la 'Città Nuova' - Nola, Napoli e ... Atene

Museo Storico-archeologico di Nola
NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

NOLA, NAPOLI E... ATENE (V secolo a.C.)
Il tema viene illustrato nel salone dell'ex refettorio; i reperti sono esposti in tre vetrine, la prima delle quali contiene il corredo della Tomba 115 di via San Massimo, la seconda vasi attici a figure nere e rosse, provenienti da Nola e facenti parte delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la terza i corredi della Tomba 95 San Massimo e di quella XL del fondo Ronga, con un'anfora dipinta del pittore del gruppo del Pilastro con la civetta.

Nola e Napoli
Nel 474 a.C., al largo di Cuma, le flotte alleate di Cuma e Siracusa sconfissero quella degli Etruschi mettendo fine alla loro egemonia navale nel basso Tirreno.
Era una vittoria cruciale, in seguito alla quale i Cumani fondarono Napoli, un nome che in greco significa la "città nuova".
La fondazione di Napoli impresse un nuovo sviluppo alla Campania: la città viveva di traffici e di commerci; ad essa si rivolgeva Atene per comprare il grano di cui aveva bisogno per sostentare i suoi numerosi abitanti e di cui era ricca la pianura campana. Napoli, a sua volta, doveva rivolgersi a Nola, la capitale dell'entroterra, il cui accordo era indispensabile per garantire l'afflusso degli approvvigionamenti. In cambio Napoli smistava verso la città campana i prodotti dell'artigianato di lusso ateniese come gli splendidi vasi a figure rosse, di cui nel V secolo a.C. sono ricche le tombe di Nola.
L'accordo tra la "città nuova" greca e la "città nuova" campana fu celebrata dalla propaganda politica come una sorta di fratellanza: secondo una tradizione storica, Nola era una città calcidese, vale a dire, aveva la stessa origine degli abitanti di Cuma che avevano fondato Napoli.
Ma un segno ancora più importante della piena integrazione tra i due centri è fornita dalla monetazione che la zecca di Napoli batteva per Nola alla fine del V secolo a.C..
Si tratta di monete di argento dello stesso tipo di quelle di Napoli, ma sulle quali era riprodotto il nome dei Nolani; un nome scritto significativamente in greco e non in osco, a ribadire una comune origine culturale con i Greci del Golfo.

I maestri artigiani di Atene
La decorazione figurata in nero e rosso, caratteristica delle produzioni ceramiche dell'Attica e della Magna Grecia, era ottenuta con un lungo processo di preparazione. Il vaso di argilla veniva lavorato al tornio, essiccato e poi cotto, ed in seguito decorato.
Numerosi sono i vasi attici e italioti rinvenuti a Nola durante gli scavi dell'Ottocento, databili a partire dalla fine del VI fino a tutto il IV secolo a. C., attribuibili a pittori che presentano un'alta qualità disegnativa ed una straordinaria ricchezza e varietà di soggetti, testimoniando continuità ed intensità di rapporti con Atene.

Una civetta su un pilastro
Nel corso del V secolo a.C. si sviluppa nel territorio campano una produzione ceramica che imita i vasi attici a figure rosse. Essa prende il nome di gruppo del Pilastro della Civetta dall'immagine, più volte riprodotta sui vasi, dell'uccellino simbolo della dea Atena posato su una colonna.
E probabile che, almeno una parte di questa produzione, sia da localizzare a Nola, da cui del resto, proviene l'unico contesto certo di rinvenimento, costituito dalla tomba XL in proprietà Ronga, esposta.
Sui vasi possono essere raffigurate rare scene mitologiche o di carattere rituale che, talora, esprimono la speranza di una vita dopo la morte o celebrano la nascita soprannaturale di dei o eroi direttamente dalle viscere della terra. Altre volte sono rappresentati temi più generici: ad esempio, scene in cui i guerrieri abbigliati nel costume locale sono in procinto di partire, salutari dalle loro donne.

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Nola: la 'Città Nuova'

Museo Storico-archeologico di Nola
NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

"LA CITTÀ NUOVA" (fine VII-VI secolo a.C.)
Nella seconda sala è affrontato il tema della trasformazione del primitivo centro in una vera e propria città.
Nelle vetrine sono esposti i corredi delle tombe 90 e 107 della necropoli di via San Massimo e delle tombe 44 e 56, con alcuni vasi recanti iscrizioni etrusche graffite.
Sono esposte inoltre alcune terrecotte architettoniche di un tempio.

Il formarsi della città
Al passaggio tra il VII e il VI secolo a.C. Nola diviene una città. Questa decisiva trasformazione avviene all'interno di un più ampio processo di crescita delle comunità italiche della Campania; nello stesso periodo viene urbanizzata Capua e sono fondate, nella Valle del Sarno, città importanti come Nocera e Pompei.
Alla nascita delle città campane contribuiscono in modo fondamentale gli Etruschi che hanno lasciato tracce notevoli della loro presenza, in primo luogo, la lingua: ad essi alcuni storici antichi attribuiscono la fondazione di Nola.
Pisside A Nola, come in tutta la piana Campana, gli Etruschi si integrano alle popolazioni locali, dando vita a comunità miste in cui gli indigeni non sono discriminati. Una prova è data proprio dal nome di Nola che viene attribuito alla città, probabilmente già a partire dal VI secolo a.C.. Nola, infatti, nel dialetto osco parlato dalle popolazioni italiche della Campania significa "la città nuova", per cui attraverso la scelta del nome sono gli indigeni e non gli Etruschi a rivendicare le origini della città.

Pisside corinzia con coperchio. Dalla tomba 90 della necropoli di via S. Massimo 590-570 a.C.

I corredi delle tombe comprese tra la fine del VII e il VI secolo a.C. danno la misura di quanto sia stata profonda l'influenza etrusca su Nola.
Oltre al vasellame da mensa di tradizione locale, ancora eseguito in impasto, nelle sepolture compaiono il bucchero - la caratteristica ceramica etrusca di colore nero - e vasi con decorazioni lineari o con figure di animali prodotti da officine etrusche ad imitazione di quelli fabbricati a Corinto.
Sempre dalle città etrusche, in particolare da Vulci, viene importato, in grandi anfore da trasporto, il vino che in questa età è considerato una merce di lusso.
Accanto a questi materiali si continuano a ritrovare nelle tombe ceramiche importate dalla Grecia, prima da Corinto, poi - dalla metà del VI secolo - soprattutto da Atene, da cui provengono eleganti servizi decorati nel tipico stile a figure nere.

Una città con più lingue
Deporre nelle tombe oggetti iscritti acquista il valore di un segno di prestigio: tramanda il nome del morto o ricorda un dono a esso dedicato.
Nel VI e nella prima metà del V secolo a.C. le iscrizioni sono in lingua etrusca; nella seconda metà del V secolo a.C. compaiono le prime iscrizioni in osco, fl dialetto parlato dalle popolazioni locali che hanno dato il nome alla città.
L'alfabeto usato inizialmente è quello introdotto dagli Etruschi in Campania nel VI secolo a.C.; esso sarà modificato due secoli dopo per essere adattato alle esigenze dell'osco, divenuta ormai la lingua dominante.

I templi di Nola
Antefissa I santuari della città antica di Nola non sono stati ancora scoperti, ma grazie ai pochi elementi architettonici esposti, si può immaginare che essi accogliessero nel VI secolo a.C. edifici sacri simili a quelli rinvenuti in altre città etrusche della Campania, come Capua o la vicina Pompei.
I templi dovevano elevarsi su un podio di pietra e essere costruiti con pareti in mattoni, colonne e travi di legno, tetto a doppio spiovente in tegole.

Antefissa a maschera gorgonica. Faceva parte della decorazione del tetto di un tempio, 540-520 a.C.

Il tetto e gli elementi in legno erano decorati da rivestimenti in terracotta con vivaci decorazioni dipinte e scolpite che ornavano l'edificio e ne proteggevano le parti deperibili dalle intemperie. Tra i motivi decorativi, oltre al volto umano, predominavano gli elementi vegetali, quali la palmetta, e gli ornati geometrici.
Piatto Le terrecotte architettoniche di Nola rientrano in un sistema decorativo standardizzato che, elaborato a Cuma e Capua, si diffonde in tutta la Campania etruschizzata ad opera di maestranze artigiane altamente specializzate.
Alcuni elementi di questo sistema si diffondono oltre i confini regionali: a nord sono attestati nel Lazio; a sud raggiungono la Puglia e la Sicilia.

Kylix attica a figure rosse con all'interno scena raffigurante la lotta tra un guerriero ed un amazzone. Dalla tomba 115 di via San Massimo, 480-470 a.C.

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Nola: la 'Città Nuova' - Le origini

Museo Storico-archeologico di Nola
NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

LE ORIGINI (VIlI-VII secolo a.C.)
La prima sala è dedicata al problema delle origini di Nola. Nelle vetrine sono esposti i corredi delle tombe 112, 98 e 75 della necropoli venuta in luce in località Torricelle.

Quando nasce Nola?

E' una domanda a cui non possiamo rispondere con sicurezza: alcuni indizi fanno comunque supporre che l'inizio dell'insediamento possa risalire alla prima metà dell' VIII secolo a.C.
Le più antiche testimonianze certe rimandano invece alla fine dell' VIII secolo a. C. quando, contemporaneamente, sorgono altri centri importanti della Campania interna e del Sannio, come Calatia (Maddaloni) e Caudium (Montesarchio): lo sviluppo di Nola rientra in una più ampia riorganizzazione del mondo indigeno dell'interno, sotto la spinta del contatto con le realtà più evolute dei centri greci e etruschi della costa, quali Cuma e Capua. Sin dal periodo più antico, l'insediamento presenta una ripartizione degli spazi riservati all'abitato e alla necropoli, che rimarrà inalterata per tutto il corso della sua esistenza. Le necropoli si dislocano infatti in località Torricelle e in via S. Massimo, all'esterno del perimetro dell'abitato.
Sin dall'inizio, Nola restituisce l'immagine di una comunità dotata di una coesione politica: una percezione condivisa anche dalla più antica tradizione storica sulla sua fondazione.
Questa si forma nell'ambiente greco di Cuma e collega la nascita di Nola a quella di Capua, vale a dire, al principale centro etrusco della regione.
Nell'ottica dei Greci, Nola è l'altra capitale della Campania indigena.

Le più antiche sepolture di Nola

Le più antiche tombe di Nola risalgono al passaggio tra l'VIII e il VII secolo a.C.: sono costituite da fosse rettangolari scavate nella terra e coperte da ciottoli di fiume, in cui il morto è deposto disteso.
Per il suo ultimo viaggio il morto reca un servizio di vasi; dal suo costume funebre e dalla presenza di alcuni strumenti possiamo dedurre il suo sesso e l'età.
Gli uomini sono caratterizzati dalle armi e da uno strumento come il rasoio; le donne - cui appartengono i corredi esposti - possono recare gli oggetti della filatura e della tessitura come i rocchetti e le fusaiole. Le signore esibiscono inoltre un costume più ricco e elegante, con numerose spille (fibule), bracciali, collane.
Nelle tombe più antiche sono numerosi soprattutto i vasi di produzione locale, modellati in un impasto ceramico poco depurato, di colore bruno. Nello stesso tempo, attraverso la colonia greca di Cuma, giungono a Nola prodotti di lusso importati dalla Grecia e dal Mediterraneo orientale.
Si tratta di ceramiche in argilla depurata, decorate con motivi geometrici come l'oinochoe della tomba 98, fabbricata nell'isola di Ischia (Pithecusa) o nell'antica colonia greca di Cuma e di raffinati oggetti di ornamento come i pendagli di argento e ambra e gli scarabei di tipo egizio rinvenuti nella tomba 112, questi ultimi forse di produzione fenicia.
Una diversa rete di contatti è documentata infine dal rinvenimento a Nola di vasi prodotti in Daunia, la regione antica corrispondente alla Puglia settentrionale. La loro presenza evidenzia come l'insediamento campano costituiva lo sbocco di percorsi di collegamento che univano la pianura campana alla costa adriatica, passando attraverso il Sannio.
Già da un'età molto antica, Nola rappresenta pertanto un "ponte" tra la Campania e il mondo indigeno dell'Italia sud-orientale, vocazione che conserverà per tutto il corso della sua storia.

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Museo Storico-Archeologico

Museo Storico-archeologico di Nola

NOLA: LA "CITTA’ NUOVA"
DELLA CAMPANIA ANTICA

A cura della

Soprintendenza archeologica delle province di
Napoli e Caserta
Museo Storico-archeologico di Nola

La mostra che viene presentata nelle sale restaurate del pianoterra del complesso dell'ex convento delle Canossiane, costituirà uno dei nuclei principali del nuovo Museo di Nola.
Alla parte archeologica, infatti, saranno affiancate anche delle sezioni per il periodo medioevale e moderno, secondo un progetto in corso di elaborazione con la Soprintendenza per i beni Artistici e Storici di Napoli, in un quadro di collaborazione volto a creare cultura e a fornire i necessari strumenti per la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali della città di Nola e del suo territorio.
La creazione di tale struttura espositiva è stata resa possibile grazie alla collaborazione stabilita da anni con l'Amministrazione Comunale, che ha destinato a Museo l'ex Convento, di cui è in corso la ristrutturazione.
Con questa mostra si è provato a raccontare dal punto di vista degli archeologi la storia di una delle capitali della Campania antica: la "città nuova" della grande pianura che si è confrontata alla pari con i Greci, gli Etruschi e i Romani.
Poiché la storia abbraccia più di mille anni, si è pensato di suddividerla in cinque tempi:

le origini (VIII / VII secolo a.C.)
la "città nuova" (fine VII / VI secolo a.C.)
Nola, Napoli e... Atene (V secolo a.C.)
la città dei cavalieri (IV secolo a.C.)
il dominio di Roma (III secolo a.C. IV secolo d.C.)

Il racconto si basa soprattutto sui risultati dello scavo dei sepolcreti, perché ancora troppo poco sappiamo dell'abitato antico e dei suoi monumenti, almeno per quanto riguarda la storia più antica dell'insediamento, prima della conquista di Roma.
Ma, anche se parziale, il punto di vista delle tombe non è meno interessante: ci fa conoscere la cultura materiale degli antichi - il loro costume, gli oggetti da essi prodotti o acquistati attraverso lo scambio - ma soprattutto ci consente di entrare nella loro mentalità.
I corredi delle tombe variano infatti a seconda del sesso e dell'età del morto; in essi si rappresenta la differenza dei ruoli tra l'uomo e la donna, tra i giovani e gli adulti: una differenza che il percorso della mostra potrà aiutarci a scoprire.

mercoledì 10 giugno 2015

Sagra dei Gigli - Percorso storico della sfilata

Manifestazioni - Folklore-Fiere-Luoghi da visitare
  • Nola e S. Paolino

  • Origini della festa

  • Storicità della festa nel tempo: 1500-1899

  • Struttura del Giglio

  • Rivestimento del Giglio

  • Percorso storico della sfilata

  • Assegnazione dei GIGLI


    Giglio


    Piazza Duomo - Via S. Felice - Via Mozzillo - Piazza Collegio - Via Ciccone - Via P. di Napoli (Immacolata) - Piazza Marconi - Via P.ssa Margherita

    |
    |
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    |
    V

    Via Cocozza - Piazza P. Maggio - Via A. Leone - Via Merliani - Piazza Calarese - Via Tansillo - Via S. Felice - Via S. Paolino - Piazza M.C. Marcello - Vico Piciocchi - Via T. Vitale - Piazza Duomo.

  • La Sagra dei Gigli

    Percorso storico della sfilata

    Il percorso della sfilata, che si effettua nel pomeriggio della prima domenica dopo il 22 giugno, è stato modificato nel 1998.
    (In rosso la modifica):

    P.zza Duomo - Via S. Felice (primo tratto)
    - Via Mozzillo - P.zza Collegio - Via Ciccone - Via T. Vitale - Via Pr. di Napoli (Pza Immacolata) - P.zza Marconi - Via P.ssa Margherita
    - Via Sen. Cocozza - P.zza P. Maggio - Via A. Leone - Via Merliano (Carceri) - P.zza Calabrese - Via Tansillo - Via S. Felice (secondo tratto) - Via S. Paolino - P.zza M.C. Marcello - Vicolo De Notaris (Vicolo Piciocchi) - C.so T. Vitale - P.zza Duomo.

    Nel 2001 è stato ulteriormente modificato ripristinando il vecchio percorso (il tratto descritto in rosso non si effettua):

    Sagra dei gigli - Struttura dei gigli

    Manifestazioni - Sagra dei Gigli - Struttura del giglio
  • Nola e S. Paolino

  • Origini della festa

  • Storicità della festa nel tempo: 1500-1899

  • Struttura del Giglio

  • Rivestimento del Giglio

  • Percorso storico della sfilata

  • Assegnazione dei GIGLI














  • Struttura dei Gigli
    Da
    La festa dei gigli - Leonardo Avella - L.E.R. Napoli 1979.


    Preparazione degli scheletri dei gigli

    Mentre nelle botteghe si preparano lavori in ornato di carta-pesta fuori, nei vari Rioni della città, si preparano le "borde" e cioè l'asse centrale dello scheletro di legno di ciascun obelisco. Il più delle volte i gigli sono costruiti davanti all'abitazione del "maestro di festa" il quale, avendo deciso di godersi tutto ciò che gli appartiene, osserva attentamente la costruzione nelle sue diverse fasi di lavorazione e, bada innanzi tutto che ogni particolare sia eseguito al "millimetro".
    Per tale operazione sono presenti oltre al "maestro di festa" alcuni membri del "comitato" e finanche il capo-paranza. Quest' ultimo ha già scelto in precedenza i "piedi" del giglio dai quali dipende se il giglio, allorchè viene posato, "sona" cioè provochi un suono secco. Il capo-paranza stabilisce, perciò, la buona stagionatura del legno impiegato e consigliato anche dai "caporali", che sono persone fidate di quest'ultimo, in quanto suoi stretti collaboratori, fa costruire il giglio a piombo oppure un po' inclinato all'indietro di circa 8 gradi.
    Il cantiere nel Rione è allestito. Tutto il legno è pronto: l'abete, il pioppo, il castagno è là insieme alle "funi" e ai circa 90 kg. di chiodi lunghi dagli 11 ai 32 centimetri. La prima operazione che i costruttori degli obelischi compiono è quella di montare la "borda" che è composta di quattro parti bullonate con perni e chiodi. La "borda" appena costruita risulta di una lunghezza complessiva di circa 25 metri con una base dallo spessore di cm. 20 e una "cima" di cm. 12. La "borda" viene alzata ritta con delle corde e per un po' di tempo rimane appoggiata alla facciata di un edificio. Si odono, allora, spari di tric trac e lunghe batterie mentre bicchieri colmi di "champagne" sono pronti per brindisi beneauguranti. I maestri di festa, i componenti del comitato, il capo-paranza, i caporali, parenti e amici sono allegri e con il resto dello "champagne" bagnano la "borda" auspicando la migliore riuscita della festa.
    Si prepara poi la "base" del giglio che è di forma quadrangolare con quattro piedi ferrati ciascuno e con una sezione di cm. 20 x 20. La "base" è alta 3 metri e larga mt. 2,60. Appena questa sarà pronta vi si innesta la lunga "borda". Intanto, il capo costruttore si allontana fino al "piombo" o "lenza" e, scruta dal basso in alto socchiudendo un occhio per meglio verificare che l'asse centrale ossia la "borda" sia in perfetta perpendicolarità con la "base".
    Terminata questa operazione si procede alla costruzione dell'obelisco. Vengono montati i 6 "pezzi" che formano il prospetto: il primo è di mt. 3,90; il secondo di mt. 3,70; il terzo di mt. 3,50; il quarto mt. 3,30; il quinto mt. 3,10; il sesto mt. 3.
    Ultimata la costruzione si spara di nuovo una batteria: il "giglio spogliato" è pronto. Esso risulta di circa 25 metri di altezza e di un peso complessivo di circa 20 quintali.
    La stessa operazione si ripete per tutti gli otto obelischi e per la "barca".
    È tradizione che dal momento in cui i lunghi scheletri dei "gigli" si innalzano nel cielo come antenne i ragazzi di Nola vi si arrampichino e giochino fra gli assi e le aste di legno facendo a gara per arrivare sino in cima e far ruotare la "carrucola" che è lì fissata per tirare su il rivestimento.

    Sagra dei Gigli - Origini della Festa

    Manifestazioni - Folklore-Fiere-Luoghi da visitare
  • Nola e S. Paolino

  • Origini della festa

  • Storicità della festa nel tempo: 1500-1899

  • Struttura del Giglio

  • Rivestimento del Giglio

  • Percorso storico della sfilata

  • Assegnazione dei GIGLI


    Giglio
  • La Sagra dei Gigli

    Origini della festa
    Da
    DOCUMENTI DEL FOLCLORE NOLANO - Leonardo Avella - I.G.E.I. Napoli 1989.


    E' tradizione presso i Nolani che la «festa dei gigli» tragga origine da un racconto di Papa Gregorio Magno il quale, trasmise gli accadimenti così come gli furono riferiti dagli stessi Nolani giusto un secolo dopo al verificarsi di essi.
    Questo in breve il racconto:
    «Al tempo in cui i Vandali devastarono la Campania e Nola fu saccheggiata, molti dei suoi abitanti furono portati prigionieri in Africa. Tra questi, il giovane figlio di una vedova, la quale si rivolse a Paolino per avere il danaro per riscattare suo figlio. Ma Paolino, avendo già dato tutto quello che aveva per il riscatto dei prigionieri, offri se stesso. Perciò, insieme, si recarono in Africa. Il genero del re dei V andali, che teneva il giovane schiavo, dapprima tracotante e superbo, alla fine accettò la proposta dello scambio: liberò il giovane e prese schiavo Paolino, al quale affidò il compito di coltivare il suo giardino. Passò così molto tempo. Il genero del re amava conversare sempre più spesso con il suo ortolano. Ed un giorno, Paolino gli predisse imminente la fine del re, ma, in seguito a ciò, dovette rivelare la sua identità di vescovo. Quindi fu liberato insieme con tutti i suoi concittadini, prigionieri dei Vandali.Anche in questo egli imitO l'esempio del Signore Gesù che, solo, si offri per la liberazione di molti. Su navi cariche di frumento, ritornarono tutti a Nola, accolti dal popolo festante».
    Fu appunto questo racconto della liberazione dei Nolani, a far scattare l'entusiasmo di questi, i quali, grati al loro amato Pastore, gli corsero incontro lieti ed osannanti e, per mostrargli la loro gratitudine, presero dei gigli (fiori) e, improvvisata una processione, percorsero le vie della città raccogliendosi poi festanti nella cattedrale. Questa cerimonia, pensiamo, ebbe grande successo poichè i Nolani per commemorare l'avvenimento ripeterono ogni anno questo devoto omaggio al loro Santo vescovo. E questo anche dopo la morte del vescovo Paolino, che avvenne il 22 giugno dell'anno 431 d.C.
    Pur tuttavia, circa le origini della «festa», non mancano opinioni diverse come quella avallata da alcuni studiosi moderni che considerano la «festa» come la «trasformazione» di un rito pagano secondo il quale grandi alberi sacrali, inghirlandati e con vari simboli, venivano portati in processione ed avevano un potere protettivo; più tardi, con l'avvento del cristianesimo, a questi «alberi» fu tolto l'antico significato pagano, aggiungendo ad essi immagini sacre e di santi cristiani.
    A questo punto, senza scartare la recente ipotesi di questi studiosi, bisogna dire che i Nolani sono consapevoli delle radici autentiche della loro «festa», ma essi sono riusciti a contenere questo passaggio dalla tradizione pagana a quella cristiana entro limiti molto ristretti i quali hanno consentito che rimanesse intatto quel clima di gioia e di tripudio tipico della festa e, al tempo stesso, quell'insieme antico di simboli e di significati benchè assimilati in una cultura diversa e indirizzati ad un altro «destinatario».
    Così, ancora oggi la «festa» è manifestazione di fede e di folclore, espressione di costume e di civiltà: una civiltà secolare alla quale appartiene tutto un passato storico, sociale e culturale di una «comunità» la quale resta legata per l'amore verso la propria terra d'origine, come il figlio alla madre che a malavoglia se ne distacca.

    Sagra dei Gigli - Nola e S. Paolino

    Manifestazioni - Folklore-Fiere-Luoghi da visitare
  • Nola e S. Paolino

  • Origini della festa

  • Storicità della festa nel tempo: 1500-1899

  • Struttura del Giglio

  • Rivestimento del Giglio

  • Percorso storico della sfilata

  • Assegnazione dei GIGLI


    Giglio
  • La Sagra dei Gigli

    Nola e S. Paolino
    Da
    DOCUMENTI DEL FOLCLORE NOLANO - Leonardo Avella - I.G.E.I. Napoli 1989.


    Nel giardino della dolce "Campania felix", alle spalle del Vesuvio in una distesa di verde circondata da frequenti colli che la cingono ad anfiteatro, siede Nola, città illustre ed orgogliosa del suo passato storico e culturale, "legata" nei secoli al nome di S. Paolino. In questo lembo di terra, ricco di colori accesi e al tempo stesso dolci e delicati ove la "natura è un giubilo ininterrotto di creazione", fiorisce la favola dei "gigli".
    Ogni anno, il 22 giugno, quando il sole implacabile entra nella costellazione del Cancro e le messi maturano sotto un cielo di zaffiro ed i colli si ricoprono di intensa vegetazione, si ripropone incessante un binomio: Nola e S. Paolino. Da questo inscindibile "binomio" scaturisce la "festa eterna".
    E proprio al fine di ricostruire la "storia" della festa e per meglio precisarne il significato, è necessario analizzare il suddetto "binomio".
    Nola, città antichissima, è situata in un'ampia e fertilissima pianura, il cui territorio presenta l'aspetto di un vasto giardino che si estende ad occidente fino all'agro napoletano ed acerrano; una diramazione del preappennino campano che corre da Cancello ad Avella, fino ai primi contrafforti dell'Irpinia, segna, invece, il suo confine nord-orientale, mentre a sud c'è il Vesuvio che affonda le sue radici nel vicino Tirreno.
    Questa terra fu "luogo di fortuna" e di ospitalità e, per la dolcezza del suo clima, fu abitata a preferenza di altre fin dai tempi antichissimi.
    Fu, dunque, "abitata da popoli poco conosciuti e completamente dimenticati; tuttavia, la tradizione storica di un popolo primitivo del quale non si conosce altra derivazione, si conserva con il nome di aborigeno. La terra nolana fu abitata fin dall'èra del Paleolitico superiore (35.000-8.000) come accertano alcuni ritrovamenti avvenuti sulle prossime alture, dal monte Fellino al Piano di Fraconia, mentre per la fondazione della città di Nola discordi sono gli storici dell' antichità. A tal proposito sono due le tesi che dividono gli autori antichi: alcuni, infatti, la chiamano Calcidica, altri invece Etrusca.
    Per la prima ipotesi sono d'accordo:
    Giustino (XX,1) che citando un frammento di Pompei Trogi, dice: "...Nolani, Abellani nonne Chalcidensium coloni sunt?"; Silio Italico (XII 161) "Hinc ad Chalcidicam transfert citus agmina Nolam".
    Per la seconda ipotesi sono concordi:
    Ecateo di Mileto, storico vissuto tra il VI e il V sec. a.C. (citato da Stefano di Bisanzio, 501), il quale afferma che Nola fu città degli Ausoni; Polibio (Istorie, II, 17, 1); Solino (II,16). Velleio Patercolo (Istorie, lib. I cap. 7,2-4).
    Come si può osservare, i più sono d'accordo per la fondazione Etrusca.
    Lo storico Giuseppe Micali (Italia, I cap. V1), citando un passo di Dionisio (a proposito della contesa tra Siculi ed Umbri, nella quale subentrarono aborigeni e Pelasgi), afferma che: "per quanto appartiene ai primi, gioverà sempre intendere antichissime genti italiche, della stirpe forse degli Osci".
    Un' altra notizia ci è data da Antioco Siracusano (citato da Strabone, V 167) il quale dichiara che tutto il tratto del piano campano fu anticamente dominio degli Osci. Dunque, attraverso tali ipotesi, si può ritenere probabile la fondazione della città di Nola da parte degli Osci e che le penetrazioni prima calcidica e successivamente etrusca, siano avvenute oltre che per scambi culturali anche per scopi commerciali. Infine, per quello che riguarda l'etimologia della parola "Nola", i più sono del parere ch'essa provenga dall'osco-sabellico "Nuv-la", ossia città nuova.
    Dopo aver riportato alcune delle fonti storiche più autorevoli intorno alle origine di Nola, conviene ora sintetizzare brevemente le tappe della sua gloriosa storia trimillenaria.

  • La data di fondazione, 801 a.C., 48 anni prima della fondazione di Roma, si ricava da Velleio Patercolo (Storia romana, lib. I, cap. 7).

  • Nel 524, e poi successivamente nel 474 a.C., troviamo Nola alleata ai Cumani nelle guerre contro gli Etruschi. Tale ipotesi si avvarrebbe di un frammento di Dionisio (XV,5) che chiamò i Nolani "popolo confinante ai Greci ed a loro affezionato". Oltre a ciò l'alleanza con i Calcidesi è avvalorata dal fatto che proprio in quel periodo le necropoli di Nola si arricchiscono di vasi attici. Testimonianze di questi sono offerte dalle varie necropoli nolane, i cui ritrovamenti hanno reso famoso il nome di Nola nel mondo. Infatti, non vi fu pittore greco o italico il cui nome non sia presente nei ritrovamenti delle succitate necropoli.

  • Nel 400 a.C. (circa), Nola divenne la capitale della confederazione campana, con conseguente spostamento della sede da Cuma a Nola. Ciò fu determinato dal fatto che i Nolani ed i Sanniti, uniti anche ai Lucani, fecero della Campania un'unica Nazione.

  • Nel 327 a.C. corre in aiuto ai Napoletani nella guerra contro i Romani. Infatti, arrivarono nelle due città di Neapolis e Palepoli, 2.000 soldati Nolani e 4.000 Sanniti.

  • Nel 320 a.C., avvenne la celebre vittoria dei Nolani e dei Sanniti contro i Romani alle "forche caudine". In questo periodo sulle monete nolane compare il toro campano coronato dalla vittoria alata e nell'esergo: dei Nolani.

  • Nel 314 a.C. i Romani, presa Neapolis e Palepoli, assediarono Nola e, dopo un lungo ed estenuante assedio, la conquistarono. Con la resa di Nola fini la seconda guerra sannitica. Per il coraggio ed il valore dimostrato dai Nolani nella difesa della propria città, i Romani li vollero premiare elevando Nola a "Municipium", per cui conservava le proprie leggi nominando propri magistrati.

  • Nel 214-212 a.C. Nola rimasta fedele a Roma (a differenza di altre città che avevano aperte le porte al Cartaginese) respinse per ben tre volte l'attacco dell'invincibile Annibale.

  • Nel 214 a.C., dopo la vittoria delle "aquile romane" sui Cartaginesi, a Nola, per la sua fedeltà, venne concesso il titolo di città "Confederata", per cui si governava come una repubblica avendo un proprio Senato ed il privilegio di battere moneta.

  • Nel 183 a.C. trattò con i Napoletani circa il confine del suo territorio chiamando quale arbitro il console Quinto Fabio Labeone (Cicerone, de officiis, 1). Nello stesso tempo la stessa questione sorge per i confini con Avella. Infatti, i Nolani e gli Avellani stabilirono i limiti di confine in mezzo ad un tempio dedicato ad Ercole. A testimonianza di questo vi è il"cippus abellanus" che si conserva nel Museo del Seminario Vescovile di Nola.

  • Nel 90 a.C. scoppiò la guerra sociale. Nola divenne la roccaforte della gente italica. Solo nell'anno 80, dopo circa dieci anni di accanite lotte, Silla assediò Nola, unica città che ancora resisteva. Silla, allora fece distruggere tutte le abitazioni che si trovavano fuori le mura della città ma i Nolani, piuttosto che arrendersi, preferirono dare alle fiamme la loro città.

  • Nel 73 a.C. fu presa da Spartaco il quale se ne servi come sede per le più importanti operazioni militari contro i Romani.

  • Nel 19 a.C. (circa) nasce la "Colonia Nolana Felix Augusta" voluta da Ottaviano che proprio in quell'anno ebbe "l'imperium consulare" (A.H.M. Iones, Laterza). In questo periodo vi è da registrare la edificazione del teatro nuovo.

  • Nel 14 d.C. muore a Nola l'imperatore Ottaviano Augusto (Tacito, 1). Il palazzo ove morì venne trasformato in un tempio, per decreto del Senato, che Tiberio fece poi costruire.

  • Nel 79 d.C., avvenne l'eruzione del Vesuvio che distrusse le città di Pompei, Stabia ed Ercolano e che alla stessa regione nolana causò danni ingentissimi.
    Fu allora che l'imperatore Tito Vespasiano fece restaurare alcuni edifici in Nola.
    E' presumibile che, all'indomani dell'eruzione, le popolazioni scampate alla catastrofe trovarono ospitalità presso i "pagus" nolani. Questa immigrazione fece sì che la già cospicua comunità cristiana di Nola divenisse più numerosa ed avesse il suo centro spirituale fuori la porta Neapolis dove in località detta "Merara", doveva esistere un santuario nel quale, crediamo, il giovane presule nolano Felice venne insignito del sacro "baculo" dallo stesso principe degli apostoli, nella sua venuta in Italia. Il luogo di tale incontro è ancora oggi denominato "Croce del Papa".

  • Nel 379 d.C. il console Ponzio Meropio Anicio Paolino scelse Nola quale sede consolare e fu da allora che Paolino ebbe il suo primo impatto con la comunità cristiana di Nola, con la quale, poi, doveva nascere il grande "connubio".
    Ponzio Meropio Anicio Paolino nasce a Bordeaux nel 354 d.C. da una nobile e ricchissima famiglia senatoriale romana che aveva possedimenti in Francia, Roma, Fondi e Nola. Suo padre fu Prefetto delle Gallie. Paolino fu, sin da fanciullo, allevato ed istruito dal poeta Decio Magno Ausonio il quale lo educò alla severità degli studi ed in special modo alla poesia per la quale il giovane Paolino ebbe grande predilezione, superando perfino il maestro.

  • Nel 377 d.C., il padre di Paolino muore ed il nostro futuro "Pastore" eredita una considerevole parte dei beni nonchè la dignità di Senatore.

  • Nel 378 Ponzio Meropio Anicio Paolino appena ventiquattrenne viene eletto Console della Campania.

  • Nel 379, fatto Console della Campania, sceglie Nola quale sede consolare.

  • Nel 380 è Prefetto di Roma.

  • Nel 387, dopo lunghi viaggi conosce S. Ambrogio e poi S. Martino di Tours e Vittricio a Rouen.

  • Nel 389 Paolino torna in Aquitania e qui prende in sposa Terasia dalla quale viene esortato a farsi cristiano e quindi a battezzarsi. A 36 anni Paolino riceve il battesimo che gli fu somministrato da S. Delfino vescovo di Bordeaux.

  • Nel 390 Paolino e Terasia ebbero un figlio a cui gli fu imposto il nome di Celso ma questi dopo appena 8 giorni dalla nascita morì.

  • Nel 393 Paolino già unito a Terasia abbandonò la vita mondana abbracciando quella monastica. A Barcellona Paolino fu ordinato sacerdote: era il 25 dicembre ed aveva 40 anni.

  • Nel 394, dalla Spagna arrivò in Italia ed a Milano fu acclamato da S. Ambrogio. Quindi passò a Roma ove fu ricevuto con onore dai patrizi e dal popolo.

  • Nel 395 viene a Nola ed unitamente alla sua pia consorte si ritira presso la Tomba del grande Felice prete, detto in "pincis". Qui compone i suoi soavi "carmi natalizi" in onore del miracoloso Santo. Da Nola, scrive a S. Girolamo, S. Agostino, Aurelio e Alipio con i quali stringe una salda amicizia.

  • Nel 402 è visitato da S. Niceta e da sua zia S. Melania che da Gerusalemme gli porta in dono un pezzetto del legno della croce di Gesù Cristo.

  • Nel 403 fece innalzare le magnifiche basiliche di Nola intorno alla modesta Tomba del suo Felice ed a quelle dei primi martiri della fede in Cristo. Inoltre fece costruire una torre sulla quale pose una campana i cui rintocchi chiamavano i fedeli alla preghiera.

  • Nel 409 Alarico entrava in Roma e la saccheggiava. Dopo Roma molte altre contrade d'Italia subirono la stessa sorte e così la Campania, e Nola in particolare, la quale fu dai barbari devastata. La maggior parte dei cittadini Nolani fuggirono sui vicini colli, altri, invece, furono presi e fatti prigionieri. Per i Nolani catturati, perchè questi fossero liberati, si doveva pagare un esoso riscatto. Fu allora che i Nolani si rivolsero al loro amato Pastore affinchè potesse intervenire per il riscatto. Il vescovo Paolino vendette tutto, finanche la croce episcopale, e "quando non ebbe più nulla di cui potesse disporre, una misera donna a cui avevano strappato l'unico figlio, si presentò a lui onde supplicarlo di fornire di che riscattare quel figlio". Commosso da tali preghiere, Paolino, lui, il vescovo di Nola, offrì se stesso, in cambio del figlio della povera vedova.
    Paolino fu sempre sollecito nell'aiutare i poveri donando tutto quanto poteva. E questa carità diventò sacrificio di se stesso, secondo un racconto del Papa Gregorio Magno. E' appunto questo racconto che, per la tradizione popolare nolana, spiegherebbe l' origine della "festa dei gigli".

  • Sagra dei Gigli - Nola

    Manifestazioni - I Gigli di Nola


  • Nola e S. Paolino

  • Origini della festa

  • Storicità della festa nel tempo: 1500-1899

  • Struttura del Giglio

  • Rivestimento del Giglio

  • Percorso storico della sfilata

  • Assegnazione dei GIGLI




    Giglio
  • La Sagra dei Gigli

    La Festa dei Gigli si svolge a Nola (NA) nella seconda metà
    del mese di giugno in onore di S. Paolino (22 giugno).

    Da
    F. GREGOROVIUS, Passeggiate in Campania e in Puglia, Roma, 1965. Pubblicato la prima volta nel 1853.


    "... A Napoli avevano attirato la mia attenzione sulla singolare Festa di San Paolino di Nola. Dicevano che in quell' occasione tutta la Campania si radunava in quella località ed era uno spettacolo che non aveva pari. Partii dunque il 26 giugno, curioso di conoscere Nola che offre tanti ricordi : Marcello aveva, a suo tempo, davanti alle porte di Nola, inflitto al grande Annibale la prima sconfitta, l'imperatore Augusto vi era morto, Tiberio vi aveva iniziato il suo regno.... Non dimentichiamo infine l'invenzione delle campane che costituiscono l' orgoglio di questa Città. Non ultima ragione di questo orgoglio è la figura di San Paolino, un tempo Vescovo di questa località, come pure ottimo poeta e Padre della Chiesa.
    ... Dovete sapere - osservò un napoletano che si rivolse a me - che questi sono gli obelischi per festeggiare il Santo; perchè quando tornò dalla barbarie a Nola, i cittadini di questa Città gli vennero incontro ballando e portando davanti a loro simili obelischi, potete vedere anche gli altri, vanno tutti verso la Cattedrale per ballare. "


    domenica 7 giugno 2015

    Basilica S. Tommaso Apostolo

    Manifestazioni - Folklore-Fiere-Luoghi da visitare



    Basilica di S. Tommaso
    VI-VII sec. d.C.




    Basilica di S. Tommaso
    Da
    "Il libro incontra le basiliche" - Premio letterario Città di Cimitile - ed. 1997


    La basilica dei SS. Martiri risale all'incirca al III secolo. Questa costituisce sicuramente una delle prime testimonianze dei sepolcri cristiani nella città dei morti di Cimitile. In origine era un edificio funerario, già presente nella necropoli pagana e successivamente fu trasformata in basilica di culto, così com' è evidenziato dalla presenza dei due altarini nicchiati ed affrescati della parete orientale.
    L'intera struttura è formata da tre ambienti intercomunicanti tra loro sicuramente appartenenti alla necropoli nolana.

    Basilica di S. Stefano

    Manifestazioni - Folklore-Fiere-Luoghi da visitare



    Basilica di S. Stefano VI-VII sec. d.C.




    Basilica di S. Stefano
    Da
    "Il libro incontra le basiliche" - Premio letterario Città di Cimitile - ed. 1997


    La basilica di S. Stefano costruita verso la fine del VI sec., testimonia Io sforzo compiuto dai successori di S. Paolino nel cercare di curare con vigore il complesso basilicale. Eretta non molto distante dalla "Basilica Nova" di S. Paolino, senza raggiungere lo splendore progettuale, costruttivo e decorativo delle altre basiliche del periodo paoliniano, questa ha il pregio di essere una dei primi esemplari di costruzioni sacre cristiane che diedero il via all'arte romanica. E' il ponte di collegamento tra le prime costruzioni cristiane e le successive cattedrali romaniche.
    Vi si accede all'interno attraverso un ingresso tripartito posto ad est, orientato verso il cuore della Città Santa rappresentato dalla tomba di S. Felice, presenta l'abside ad occidente in netto contrasto con le tendenze dell'epoca. E' composta da un'unica navata nonostante la presenza di due grandi archi presso l'abside terminale che sembrano far ipotizzare all'esistenza in passato di due navate laterali. In realtà i due archi delineano una sorte d'asse trasversale presso la zona dell'abside, simile ad un transetto, indicante un ampliamento della basilica in tale zona e dandole quasi una forma di pianta a croce latina. Della basilica ci resta intatto l'impianto planimetrico che la rende uno dei primi esempi di chiesa cristiana con una sola abside, quest'ultima è disposta frontalmente agli ingressi ed è retta da colonne corinzie sormontate da capitelli dello stesso ordine, una terza colonna liscia è incastonata nella parete laterale a nord.
    All'interno dell'abside vi è un altare centrale posto frontalmente all'ingresso tripartito e separato dal catino absidale. Lateralmente ed anche sotto l'abside vi sono delle tombe in brevi filari parallele sottoposte alla pavimentazione, con molta probabilità appartennero ad un preesistente edificio sepolcrale sopra al quale fu edificata l'attuale basilica. Anche l'altare come l'intero pavimento della basilica poggia sulle tombe. Unica differenza tra le tombe poste lateralmente e quelle rinvenute nell'intradosso dell'abside è che le tombe sono successive alla costruzione della basilica in quanto quest'ultime danneggiarono gli affreschi del basamento absidale.
    Ciò testimonia come la basilica oltre ad essere un luogo di culto era anche un luogo di sepoltura di tutti quei fedeli che avevano quel forte desiderio di farsi seppellire nelle vicinanze del loro santo nell'attesa della Resurrezione.
    Durante i recenti scavi, sotto la pavimentazione nei pressi delle pareti nord e sud sono emersi dei corpi, di cui si pensa che appartengano ad un longobardo ed ad una madre con bambino.
    La pavimentazione si presenta in tre zone diverse in modo da suddividere la navata in altrettanti parti. La parte centrale ha l'aspetto di un corridoio di passaggio che si presume fosse destinato al clero, mentre le due parti laterali sembrano essere destinate ad uffici od altre attività sacre. Altra ipotesi potrebbe essere la divisione fra uomini e donne oppure una diversa disposizione dei fedeli secondo il proprio grado.
    All'esterno della basilica sono ben visibili dei pilastri in tufo, ciò lascia credere che la basilica presentasse un atrio, più basso con copertura autonoma che quasi sicuramente si sviluppava da est verso sud.
    L'intera struttura basilicale nel corso dei secoli ha subito continue trasformazioni, ultima quella realizzata nel XVIII sec. quando a quota superiore, nacque sulla stessa pianta della basilica la chiesa dei SS.Stefano e Lorenzo o Chiesa della Vergine e dell'lncoronata. All'inizio del XX secolo fu trasformata in stile barocco e dotata esternamente di un campanile. Quest'ultimo distrutto nel 1963 in quanto pericolante. L'esigenza di uno studio archeologico molto puntuale ha cancellato ogni traccia dello stile barocco che vi era in lei, lasciando emergere i nudi tufi quali testimoni di un passato remoto.